MESSA CONFRATERNALE MENSILE

Si è svolta domenica 26 novembre la messa mensile confraternale. Presenti numerose consorelle e numerosi confratelli. L’Omelia è stata tenuta dal Parroco fra Umberto Fanfarillo mentre la catechesi, alla fine della messa, è stata tenuta dall’assistente Diacono Permanente Roberto Petrecca.

E’ seguito il pranzo sociale.

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MESSA CONFRATERNALE DEL 26 NOVEMBRE 2017

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Domenica 26 Novembre, Solennità di Cristo Re, si terrà la Messa Confraternale mensile.

Ci ritroviamo tutti alle ore 11 presso la Chiesa di Santa Dorotea per la Santa Messa che, ovviamente, sarà da noi animata. Durante la Santa Messa ci sarà l’omelia del nostro parroco ed a seguire una catechesi sul messaggio antoniano tenuta dal nostro Assistente Diacono Roberto Petrecca.

A seguire, presso i locali confraternali, ci sarà il pranzo sociale.

 

VIVERE IL VANGELO – Cristo Re dell’Universo

Cristo_Re_delluniverso_R23.11.2017 – di Don ANTONIO INTERGUGLIELMI – Cappellano Rai – Saxa Rubra (Roma) – Direttore delle Confraternire di Roma

Nella nostra vita arriva un momento in cui si fanno i conti, si tirano le somme; sempre.
Questo è avvenuto quando andavamo a scuola o all’Università, arrivava il momento della pagella o degli esami: in un momento si chiariva come avevamo saputo trascorrere quel tempo, se avevamo studiato oppure se lo avevamo sprecato in altre cose inutili.
Questo avviene per tutto: per i nostri rapporti affettivi, le amicizie, il lavoro, le scelte importanti. E avverrà anche alla fine della nostra vita.

Si può allungare questo momento, cercare di rinviarlo più possibile…ma come tutte le cose alla fine arriverà. E da come viviamo oggi, dipenderà quel momento decisivo.

Il Vangelo di questa ultima domenica dell’anno liturgico ci ricorda che è il rapporto che abbiamo con gli altri che manifesta la nostra fede: “Signore quando mai ti abbiamo visto affamato…”?. 

Tutto è scritto. Niente viene cancellato agli occhi di Dio, anche gli atti d’amore più piccoli fatti per amore a Cristo non rimarranno senza ricompensa: vivere con Sapienza è saper approfittare di questo tempo per ricevere la Sua benedizione. Vivere con egoismo, preoccupati solo di noi stessi, insensibili agli altri significa invece accumulare per il nulla, destinati ad una vita in fondo inutile. Già oggi.

Così anche alla fine di quest’anno liturgico possiamo fare una valutazione di come abbiamo saputo “investire” le Grazie del Signore in quest’anno passato: abbiamo vissuto cercando la Sua Sapienza, ci siamo preoccupati di scoprire il disegno di Dio nella nostra vita, per seguirlo nella via dell’Amore e della carità, come ci invita a fare il Vangelo di questa domenica di Cristo Re e Signore?

Approfittiamo di questo nuovo anno che inizia per chiedere al Signore che ci faccia “strumenti del Suo Amore”. Di non sprecare i giorni che ci sono concessi, ma di viverli per gustare ogni giorno la Gioia di essere un dono per gli altri.

XXXIII Domenica del tempo ordinario

 

maxresdefault15.11.2017 – di Don ANTONIO INTERGUGLIELMI – Cappellano Rai – Saxa Rubra (Roma) – Direttore delle Confraternite di Roma.

Vivere in difesa, nel timore di un Dio che è pronto a punire, cercando di non rischiare mai.
Che idea abbiamo noi di Dio? Se abbiamo incontrato davvero Cristo, abbiamo sperimentato la Sua Misericordia e il Suo Amore senza condizioni. La fede non è solo per noi, per cercare un perfezionismo che è solo sterile e inutile. Dio ci affida dei carismi, delle Grazie da investire, con gratitudine.

Così, nella parabola dei talenti di questa domenica, vengono rappresentati gli atteggiamenti che possiamo avere dinanzi ai doni che il Signore ci affida: il Signore si fa conoscere da noi non per chiuderci in noi stessi, nel nostro “gruppetto di eletti”, ma per annunciare il Suo Amore. Non tenere per noi questo tesoro, ma portarlo agli altri, è il desiderio di chi è stato “conquistato” dall’Amore di Dio.

Se non lo abbiamo sperimentato, per paura di Dio, invece di rischiare, giochiamo in difesa, attenti solo a non sbagliare, ma incapaci di dare frutti, di investire i nostri “talenti”. Anche Papa Francesco lo ricordò ai catechisti riuniti nell’Anno della Fede: “Preferisco mille volte una Chiesa incidentata piuttosto che una Chiesa ammalata, cioè chiusa”.

Questo vale non solo per i catechisti, ma per tutti noi. Perché il cristiano non è tale se non ha lo “zelo”: il desiderio di portare Cristo agli altri, ad un mondo che soffre perché ha perso il rapporto con Dio, e quindi non sa dove sta andando. Ancora Papa Francesco ricordava in quell’incontro che “Un catechista che si lascia prendere dalla paura, è un codardo; se un catechista se ne sta tranquillo finisce per essere una statua da museo; se un catechista è rigido diventa incartapecorito e sterile”.

Ecco perché nella parabola dei talenti chi non ha voluto “rischiare” viene punito dal padrone.

Chiediamo in questa domenica a Cristo di non chiuderci nelle nostre (false) sicurezze, difendendo quella che crediamo fede ma che non può essere tale, senza volerla portare agli altri: accanto a noi c’è un mondo confuso e sofferente e come non annunciare l’Amore di Dio?

“Liberaci Signore dal nostro egoismo, perché possiamo portare l’annuncio dell’Amore infinito di Dio, ognuno con le Grazie che abbiamo ricevuto da Te, senza paura e con entusiasmo”.

IL RINNOVAMENTO DELLE CONFRATERNITE

Il rinnovamento delle Confraternite

Tra carità e pietà popolare, l’attualità di un’antica aggregazione laicale

MONS. ANTONIO INTERGUGLIELMI

Spesso il termine “confraternita” sembra evocare qualcosa di passato, espressione di una devozione ritenuta ormai soltanto folcloristica: pensiamo ad esempio ai flagellatori, di molte confraternite del Sud Italia o di alcune regioni della Spagna, in cui i membri si infliggono pene corporali ad espiazioni dei peccati commessi, durante lunghe e talvolta cruente celebrazioni pubbliche.

Dopo il Concilio

Con il rinnovamento portato dal Concilio Vaticano II, che ha valorizzato la funzione dei laici permettendo così la nascita di tanti movimenti e associazioni, espressione di un laicato sempre più attivo e presente nella Chiesa, sembrerebbe dunque che la funzione delle Confraternite si sia oramai esaurita, retaggio di un’epoca ormai tramontata. Il nuovo codice di diritto canonico le include genericamente tra le aggregazioni laicali, senza più darne una specifica disciplina come faceva invece il codice del 1917. Ma la loro funzione e vitalità non è però tramontata.

La storia

Le Confraternite hanno rappresentato per secoli l’unica manifestazione di associazionismo laicale all’interno della Chiesa: sono state l’espressione della vitalità dei “semplici fedeli”, non consacrati. Le Confraternite rappresentano infatti la forma associativa volontaria più capillarmente diffusa nell’Europa cristiana almeno a partire dal sec. XIV:

Questa prima forma di associazionismo sorge in primo luogo per garantire un cammino spirituale ai loro membri, semplici fedeli che volevano testimoniare pubblicamente la fede e quindi diffonderla, ma anche desideravano esercitare opere di carità, in un periodo – quello medievale – in cui occorreva sopperire alle necessità legate all’assoluta mancanza di qualsiasi forma di assistenza pubblica.

Dal XIII al XV secolo in Italia la gran parte dei laici adulti cristiani è iscritta nelle Confraternite, molti anche in più Confraternite, per rafforzare i loro vincoli spirituali e temporali: si pensi che a Roma, ancora tra le due guerre, era quasi normale che la stessa persona militasse in più Confraternite.

Questa testimonianza di fede, che si esprime ancor oggi attraverso celebrazioni liturgiche e processioni particolarmente curate, con i confratelli rivestiti dai loro caratteristici abiti, assume oggi un valore ancora prezioso, perché aggancia la tradizione con le novità portate dal Concilio. Si mantiene viva quella fede, talvolta semplice e immediata, ma ben radicata nel popolo, che sicuramente costituisce ancora oggi un’efficace forma di evangelizzazione.

Papa Francesco

Ne parla in questi termini anche Papa Francesco nell’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium,sottolineando il valore della pietà popolare e della devozione di cui le Confraternite sono depositarie. Il Santo Padre vi dedica un intero paragrafo, intitolato la “Forza evangelizzatrice della pietà popolare” (nn. 122-126), in cui si legge tra l’altro “Siamo chiamati ad incoraggiarla e a rafforzarla..le espressioni della pietà popolare hanno molto da insegnarci e, per chi è in grado di leggerle, sono un luogo teologico a cui dobbiamo prestare attenzione, particolarmente nel momento in cui pensiamo alla nuova evangelizzazione” (nr. 126).

Un valore e una ricchezza che Papa Francesco ribadiva ancora in Piazza San Pietro il 5 maggio del 2013 nell’omelia della Messa dell’Incontro mondiale delle Confraternite per l’Anno della Fede, con queste parole: “Voi avete una missione specifica e importante, che è quella di tenere vivo il rapporto tra la fede e le culture dei popoli a cui appartenete, e lo fate attraverso la pietà popolare. Quando, ad esempio, voi portate in processione il Crocifisso con tanta venerazione e tanto amore al Signore, non fate un semplice atto esteriore; voi indicate la centralità del Mistero Pasquale del Signore, della sua Passione, Morte e Risurrezione, che ci ha redenti, e indicate a voi stessi per primi e alla comunità che bisogna seguire Cristo nel cammino concreto della vita perché ci trasformi”.

Le funzioni

L’esercizio della carità è l’altro aspetto per cui l’attività delle Confraternite ha ancora oggi un ruolo di rilievo nell’attività del laicato nella Chiesa. Nei secoli scorsi molte di esse nacquero con la finalità di attuare le opere di misericordia corporale; non dimentichiamo che i primi ospedali di Roma furono fondati proprio dalle Confraternite.

Così, accanto alla testimonianza di fede, questi fedeli si riunirono insieme per poter tradurre in opere la fede cristiana professata: il desiderio di soccorrere in qualunque modo i bisognosi, nasceva come espressione della fede. Soccorso che andava anche dopo la morte, assicurando una degna sepoltura ai cadaveri che spesso venivano abbandonati nelle strade e nelle campagne: da qui le numerose Confraternite c.d. “della Buona morte”.

Soprattutto nella settima opera di Misericordia, Seppellire i morti, le Confraternite svolgono dunque per più secoli un servizio di carità davvero unico: in un periodo in cui non esistono cimiteri pubblici, in cui nei periodi di pestilenza i cadaveri sono abbandonati nelle strade e nei campi, le Confraternite della Buona morte svolgono il poco piacevole e spesso pericoloso compito, specie nei periodi di pestilenza, di “dare degna sepoltura”.

L’attualità

Sebbene più nascosta, l’attività di carità è ancora presente e fondamentale nel modo di operare di quasi tutte le Confraternite: sono ovviamente cambiate e aggiornate le opere – oggi non necessita più seppellire i morti abbandonati – ma rimane lo stesso spirito di nascondimento e umiltà, la stessa attenzione ai bisogni dei più poveri. Uguale è la dedizione alle sofferenze degli uomini, soprattutto verso quelli più dimenticati.

L’opera di evangelizzazione delle Confraternite, in questo spirito di rinnovamento, si rivolge anche alla formazione culturale cristiana. Così quest’anno a Roma le Confraternite organizzano, per il terzo anno consecutivo, un Corso sull’arte cristiana nelle Chiese, dedicato alle Memorie e alle Reliquie dei Santi custodite a Roma: dal 14 novembre, nella Chiesa di San Giovanni Battista de’ Fiorentini, studiosi ed esperti d’arte terranno quattro incontri, aperti a tutti, a cui faranno seguito a gennaio tre Visite guidate. Si possono trovare notizie dettagliate sul sito www.confraterniteroma.it.

VIVERE IL VANGELO – XXXII Domenica del tempo ordinario

sfanta_si_marea_marti_-_fecioarele_cele_intelepte09.11.2017 – di Don ANTONIO INTERGUGLIELMI – Cappellano Rai – Saxa Rubra (Roma) – Direttore delle Confraternite di Roma.

La vita della fede come un matrimonio: così la descrive Gesù nel Vangelo di Matteo di questa domenica.

Una parabola molto efficace, perché come queste Vergini che attendono lo sposo, cioè Cristo, anche noi spesso da questo incontro siamo distratti da altre occupazioni. Pensiamo che ci sia sempre tempo, che domani potrò convertirmi, quando metterò la testa a posto e forse sarò anche più vecchio…
Un comportamento che assomiglia a quello di chi nella vita mai si decide a crescere, mai accetta di prendere decisioni serie: come quando nel campo sentimentale si rinvia la decisione di sposarsi, tanto c’è sempre tempo e poi “potrei anche trovare l’Amore vero…”. E proprio come le vergini stolte della parabola non ci si rende conto che ormai il tempo è passato, gli anni della decisione sono ormai trascorsi e non tornano.

Vivere con “sapienza” è il primo dono che tutti dobbiamo chiedere, come fa il re Salomone, che per questa richiesta riceverà dal Signore anche tutto quello che avrebbe desiderato, ma che non aveva ritenuto così importante chiedere a Dio: perché il tempo non ci appartiene, quello che oggi possiamo fare domani non sarà più realizzabile.

“Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo. C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante…” leggiamo nel libro dell’Ecclesiaste.

E sì, perché la nostra vita ha un ritmo, è come una sinfonia e quando sbagliamo i tempi tutto diviene una confusione, soffriamo senza capire neppure il perché, dando spesso la colpa agli altri.

Come in tutte le sinfonie, c’è un direttore da seguire: Cristo. Siamo invitati come le vergini sagge a guardare al Signore, cercando di entrare nei suoi disegni di armonia, nei suoi piani d’amore: prendere “olio” nelle nostre lampade, significa rendere la nostra vita come una magnifica sinfonia.