VIVERE IL VANGELO: VI Domenica del tempo ordinario

cristo

09.02.2017 – di Don ANTONIO INTERGUGLIELMI – Cappellano Rai – Saxa Rubra (Roma) – Direttore delle Confraternite di Roma.

Il brano del discorso della Montagna di Gesù, da cui è tratto il Vangelo di questa domenica, ci pone davanti ad una legge che sinceramente ci appare impraticabile..molto più esigente dei dieci comandamenti.
Il punto è che non si tratta di una legge.
La nostra mentalità pensa sempre in termini di legge, divieti o permessi, buono o cattivo. L’uomo che vive del mondo è sempre alla ricerca di una legge, una norma da osservare che lo faccia sentire al sicuro, giustificato…

Ma Gesù non è venuto a portare una legge ancor più esigente, ma a “compierla”, come dirà Lui stesso. Si tratta di qualcosa di completamente diverso.

E qual è il compimento della legge?

E’ l’Amore, molto diverso da una serie di norme, qualcosa che non possiamo realizzare da noi, ma possiamo solo riceverlo come un dono. Un dono che viene da Cristo, l’unico che ha compiuto questa legge suprema, l’unico che oggi ci può regalare un nuovo modo di vivere, se lo desideriamo e se lo chiediamo a Lui.

Questa legge si può compiere solo in questo modo, ricevendo da Lui questo Spirito e cominciando a vivere non più di leggi ma d’amore. Che significa smetterla di chiedere agli altri di cambiare e saperli accettare così come sono, vuol dire perdonare, non giudicare, scusare e comprendere le debolezze, entrare nella storia e nei fatti di ogni giorno, senza mormorare, per poter così scoprire che vi sono nascosti dei regali inaspettati.

In una parola, Amare.

Santa Messa delle Confraternite Romane

Venerdì 10 Febbraio 2017

Si terrà presso la Parrocchia Sant’Andrea Delle Fratte in Via di Sant’Andrea delle Fratte 1, con inizio alle ore 08:30 la Santa Messa delle Confraternite Romane. Appuntamento alle ore 08:00 in abiti solenni confraternali e si ricorda che la Messa sarà trasmessa in diretta tv su TV2000.

MESSAGGIO DI PAPA FRANCESCO PER LA QUARESIMA 2017

Messaggio del Santo Padre

La Parola è un dono. L’altro è un dono.

Cari fratelli e sorelle,

la Quaresima è un nuovo inizio, una strada che conduce verso una meta sicura: la Pasqua di Risurrezione, la vittoria di Cristo sulla morte. E sempre questo tempo ci rivolge un forte invito alla conversione: il cristiano è chiamato a tornare a Dio «con tutto il cuore» ( Gl 2,12), per non accontentarsi di una vita mediocre, ma crescere nell’amicizia con il Signore. Gesù è l ‘amico fedele che non ci abbandona mai, perché, anche quando pecchiamo, attende con pazienza il nostro ritorno a Lui e, con questa attesa, manifesta la sua volontà di perdono (cfr Omelia nella S. Messa, 8 gennaio 2016).

La Quaresima è il momento favorevole per intensificare la vita dello spirito attraverso i santi mezzi che la Chiesa ci offre: il digiuno, la preghiera e l’elemosina. Alla base di tutto c’è la Parola di Dio, che in questo tempo siamo invitati ad ascoltare e meditare con maggiore assiduità. In particolare, qui vorrei soffermarmi sulla parabola dell’uomo ricco e del povero Lazzaro (cfr Lc 16,19- 31). Lasciamoci ispirare da questa pagina così significativa, che ci offre la chiave per comprendere come agire per raggiungere la vera felicità e la vita eterna, esortandoci ad una sincera conversione.

1. L’altro è un dono

La parabola comincia presentando i due personaggi principali , ma è il povero che viene descritto in maniera più dettagliata: egli si trova in una condizione disperata e non ha la forza di risollevarsi, giace alla porta del ricco e mangia le briciole che cadono dalla sua tavola, ha piaghe in tutto il corpo e i cani vengono a leccarle (cfr vv. 20-21). Il quadro dunque è cupo, e l’uomo degradato e umiliato.

La scena risulta ancora più drammatica se si considera che il povero si chiama Lazzaro: un nome carico di promesse, che alla lettera significa «Dio aiuta». Perciò questo personaggio non è anonimo, ha tratti ben precisi e si presenta come un individuo a cui associare una storia personale. Mentre per il ricco egli è come invisibile, per noi diventa noto e quasi familiare, diventa un volto; e, come tale, un dono, una ricchezza inestimabile, un essere voluto, amato, ricordato da Dio, anche se la sua concreta condizione è quella di un rifiuto umano (cfr Omelia nella S. Messa, 8 gennaio 2016).

Lazzaro ci insegna che l’altro è un dono. La giusta relazione con le persone consiste nel riconoscerne con gratitudine il valore. Anche il povero alla porta del ricco non è un fastidioso ingombro, ma un appello a convertirsi e a cambiare vita. Il primo invito che ci fa questa parabola è quello di aprire la porta del nostro cuore all’altro, perché ogni persona è un dono, sia il nostro vicino sia il povero sconosciuto. La Quaresima è un tempo propizio per aprire la porta ad ogni bisognoso e riconoscere in lui o in lei il volto di Cristo. Ognuno di noi ne incontra sul proprio cammino. Ogni vita che ci viene incontro è un dono e merita accoglienza, rispetto, amore. La Parola di Dio ci aiuta ad aprire gli occhi per accogliere la vita e amarla, soprattutto quando è debole. Ma per poter fare questo è necessario prendere sul serio anche quanto il Vangelo ci rivela a proposito dell’uomo ricco.

2. Il peccato ci acceca

La parabola è impietosa nell’evidenziare le contraddizioni in cui si trova il ricco (cfr v. 19). Questo personaggio, al contrario del povero Lazzaro, non ha un nome, è qualificato solo come “ricco”. La sua opulenza si manifesta negli abiti che indossa, di un lusso esagerato. La porpora infatti era molto pregiata, più dell’argento e dell’oro, e per questo era riservato alle divinità (cfr Ger 10,9) e ai re (cfr Gdc 8,26). Il bisso era un lino speciale che contribuiva a dare al portamento un carattere quasi sacro. Dunque la ricchezza di quest’uomo è eccessiva, anche perché esibita ogni giorno, in modo abitudinario: «Ogni giorno si dava a lauti banchetti» (v. 19). In lui si intravede drammaticamente la corruzione del peccato, che si realizza in tre momenti successivi: l’amore per il denaro, la vanità e la superbia (cfr Omelia nella S. Messa, 20 settembre 2013).

Dice l’apostolo Paolo che «l’avidità del denaro è la radice di tutti i mali» (1 Tm 6, 10). Essa è il principale motivo della corruzione e fonte di invidie, litigi e sospetti. Il denaro può arrivare a dominarci, così da diventare un idolo tirannico (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 55). Invece di essere uno strumento al nostro servizio per compiere il bene ed esercitare la solidarietà con gli altri, il denaro può asservire noi e il mondo intero ad una logica egoistica che non lascia spazio all’amore e ostacola la pace.

La parabola ci mostra poi che la cupidigia del ricco lo rende vanitoso. La sua personalità si realizza nelle apparenze, nel far vedere agli altri ciò che lui può permettersi. Ma l’apparenza maschera il vuoto interiore. La sua vita è prigioniera dell’esteriorità, della dimensione più superficiale ed effimera dell’esistenza (cfr ibid., 62).

Il gradino più basso di questo degrado morale è la superbia. L’uomo ricco si veste come se fosse un re, simula il portamento di un dio, dimenticando di essere semplicemente un mortale. Per l’uomo corrotto dall’amore per le ricchezze non esiste altro che il proprio io, e per questo le persone che lo circondano non entrano nel suo sguardo. Il frutto dell’attaccamento al denaro è dunque una sorta di cecità: il ricco non vede il povero affamato, piagato e prostrato nella sua umiliazione.

Guardando questo personaggio, si comprende perché il Vangelo sia così netto nel condannare l’amore per il denaro: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza» (Mt 6,24).

3. La Parola è un dono

Il Vangelo del ricco e del povero Lazzaro ci aiuta a prepararci bene alla Pasqua che si avvicina. La liturgia del Mercoledì delle Ceneri ci invita a vivere un’esperienza simile a quella che fa il ricco in maniera molto drammatica. Il sacerdote, imponendo le ceneri sul capo, ripete le parole: «Ricordati che sei polvere e in polvere tornerai». Il ricco e il povero, infatti, muoiono entrambi e la parte principale della parabola si svolge nell’aldilà. I due personaggi scoprono improvvisamente che «non abbiamo portato nulla nel mondo e nulla possiamo portare via» (1 Tm 6,7).

Anche il nostro sguardo si apre all’aldilà, dove il ricco ha un lungo dialogo con Abramo, che chiama «padre» (Lc 16,24.27), dimostrando di far parte del popolo di Dio. Questo particolare rende la sua vita ancora più contraddittoria, perché finora non si era detto nulla della sua relazione con Dio. In effetti, nella sua vita non c’era posto per Dio, l’unico suo dio essendo lui stesso.

Solo tra i tormenti dell’aldilà il ricco riconosce Lazzaro e vorrebbe che il povero alleviasse le sue sofferenze con un po’ di acqua. I gesti richiesti a Lazzaro sono simili a quelli che avrebbe potuto fare il ricco e che non ha mai compiuto. Abramo, tuttavia, gli spiega: «Nella vita tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti» (v. 25). Nell’aldilà si ristabilisce una certa equità e i mali della vita vengono bilanciati dal bene.

La parabola si protrae e così presenta un messaggio per tutti i cristiani. Infatti il ricco, che ha dei fratelli ancora in vita, chiede ad Abramo di mandare Lazzaro da loro per ammonirli; ma Abramo risponde: «Hanno Mosè e i profeti; ascoltino loro» (v. 29). E di fronte all’obiezione del ricco, aggiunge: «Se non ascoltano Mosè e i profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti» (v. 31).

In questo modo emerge il vero problema del ricco: la radice dei suoi mali è il non prestare ascolto alla Parola di Dio; questo lo ha portato a non amare più Dio e quindi a disprezzare il prossimo. La Parola di Dio è una forza viva, capace di suscitare la conversione nel cuore degli uomini e di orientare nuovamente la persona a Dio. Chiudere il cuore al dono di Dio che parla ha come conseguenza il chiudere il cuore al dono del fratello.

Cari fratelli e sorelle, la Quaresima è il tempo favorevole per rinnovarsi nell’incontro con Cristo vivo nella sua Parola, nei Sacramenti e nel prossimo. Il Signore – che nei quaranta giorni trascorsi nel deserto ha vinto gli inganni del Tentatore – ci indica il cammino da seguire. Lo Spirito Santo ci guidi a compiere un vero cammino di conversione, per riscoprire il dono della Parola di Dio, essere purificati dal peccato che ci acceca e servire Cristo presente nei fratelli bisognosi. Incoraggio tutti i fedeli ad esprimere questo rinnovamento spirituale anche partecipando alle Campagne di Quaresima che molti organismi ecclesiali, in diverse parti del mondo, promuovono per far crescere la cultura dell’incontro nell’unica famiglia umana. Preghiamo gli uni per gli altri affinché, partecipi della vittoria di Cristo, sappiamo aprire le nostre porte al debole e al povero. Allora potremo vivere e testimoniare in pienezza la gioia della Pasqua.

Dal Vaticano, 18 ottobre 2016,
Festa di San Luca Evangelista

FRANCESCO

VIVERE IL VANGELO: V Domenica del tempo ordinario

sale-della-terra01.02.2017 – di Don ANTONIO INTERGUGLIELMI – Cappellano Rai – Saxa Rubra (Roma) – Direttore delle Confraternite di Roma.

«L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni» questa frase che Paolo VI pronunciò in un’udienza al Pontificio Consiglio per i laici nell’ ottobre del 1974, potrebbe essere considerata come l’attualizzazione del brano del Vangelo di questa domenica.

Quello che oggi ci chiedono gli altri, di essere questo “sale” che dà Speranza, questa “Luce”, nelle tante tenebre in cui siamo immersi ogni giorno: menzogne, prepotenze, cattiverie, maldicenza, invidia, violenza, falsità.

Tutto questo ci rende tristi, ci getta nella sfiducia e nella paura.

Ma chi porta con sé lo Spirito di Cristo, chi ha conosciuto il Suo Amore, fa presente una realtà diversa: che è possibile vivere felici senza calpestare gli altri, che si può anche accettare di essere trattati ingiustamente, come essere messi forse da parte sul lavoro senza vendicarsi o sparlare, talvolta di non essere capiti in famiglia, senza per questo giudicare e chiedere giustizia.

Tanti intorno a te stanno aspettando che tu possa essere testimone di questa Speranza: non una persona perfetta che non sbaglia mai, un automa programmato per essere “buoni cristiani”, perché questo non aiuta nessuno.

Ma aspettano qualcuno che sia capace di non giudicare, perché ha conosciuto nella Sua debolezza la Misericordia di Dio, che sia capace di chiedere perdono quando sbaglia e così sempre disposto a perdonare l’altro, qualcuno in fondo che porti in sé l’Amore e la tenerezza di Cristo Gesù.

VIVERE IL VANGELO: IV Domenica del tempo ordinario

jesuspredicando-1030x64426.01.2017 – di Don ANTONIO INTERGUGLIELMI – Cappellano Rai – Saxa Rubra (Roma) – Direttore delle Confraternite di Roma

Tutti abbiamo il desiderio di essere felici nella nostra vita.
Il termine «Beati» di cui ci parla il Vangelo questa domenica, l’inizio del discorso della Montagna di Gesù, indica infatti le persone felici. Ma rimane difficile capire come possano essere beati coloro che piangono, che sono afflitti, che sono perseguitati! Ovvio che questa non è la felicità. Si tratta però della possibilità di scoprire, proprio in queste situazioni di bisogno, che non siamo soli. Abbiamo un Padre nel Cielo che non ci abbandona. Queste situazioni, che purtroppo possono arrivare nella vita, si trasformano così nella possibilità di sperimentare che Cristo viene in nostro aiuto e cambia il pianto in gioia, ci difende dalle ingiustizie, ci soccorre nelle persecuzioni, soprattutto da quelle che arrivano proprio quando decidiamo di seguirLo «sul serio».
Per essere felici non bastano i soldi, il successo, le case, le consolazioni del mondo, per quanto vogliano continuamente illuderci. La gioia più grande della vita è scoprire l’Amore di Gesù Cristo per noi, Lui che per primo ha pienamente realizzato la Parola delle beatitudini: si è svuotato di se stesso, si è lasciato umiliare, perchè tu oggi non fossi solo in quella sofferenza, in quella difficoltà, nella tua solitudine.
La Parola del Vangelo di questa domenica ci invita allora, di fronte ai fatti che oggi forse vorresti cambiare, che stai chiedendo a Dio di risolvere subito, a confidare nel Signore: lo so, è difficile, è un combattimento, ma proprio questa storia che stai vivendo affrontata con Cristo diviene la porta che conduce alla vita, stretta e piccola.
Vi entrano i bambini, coloro che, appoggiandosi nel Signore, lo potranno scoprire come Padre!
Dice, infatti, Gesù Cristo che a chi si fa piccolo, come un bambino, si apre il Regno dei Cieli.

VIVERE IL VANGELO: III Domenica del tempo ordinario

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18.01.2017 – di Don ANTONIO INTERGUGLIELMI – Cappellano Rai – Saxa Rubra (Roma) – Direttore delle Confraternite di Roma

«Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta»
Tutti forse abbiamo provato la brutta sensazione di trovarci al buio, forse anche quando è mancata improvvisamente la luce. Abbiamo un senso di smarrimento, una sensazione di paura.
Ma se non l’abbiamo provato fisicamente forse l’abbiamo vissuto nella nostra vita, di fronte ad un problema, una notizia che ci preoccupava, una delusione affettiva: un senso di smarrimento, un buio interiore. Ci possiamo trovare dinanzi a problemi che sembrano più grandi di noi, che ci sovrastano: come ritrovare la strada?
Oggi si fa presente la Luce nella tua vita: Cristo, ti sta chiamando a lasciare la tristezza e la paura e, come avviene ai discepoli nel Vangelo di questa domenica, ti invita a seguire Lui, perché anche tu possa guarire dalla più grande cecità della vita: dubitare dell’Amore di Dio. Per questo ti manda profeti e testimoni, che ti annunciano che il Signore non ti abbandona, non ti lascia in preda alle tenebre.
E allora, anche se hai tante situazioni complicate, problemi che sembrano senza soluzioni e ti lasciano al buio, niente paura! Cristo, che ti ha donato il Suo Spirito nel battesimo, che Lo rinnova con i Sacramenti e la Sua Parola, vuole risvegliare questo gemito di vita dentro di te!
Lo Spirito Santo riprende forza in te e ti aiuta, ti consola, ti incoraggia, viene in soccorso alla tua debolezza e trasforma le tenebre in luce!

LUTTO IN CONFRATERNITA

E’ tornata alla casa del Padre la sorella della Consorella Ines Luly. A lei ed al confratello Alessandro Casale la nostra vicinanza nella preghiera. I funerali si terranno lunedì, 16 gennaio 2017, alle ore 14.30 nella Chiesa di Santa Dorotea. Le consorelle ed i confratelli sono pregati di intervenire.

VIVERE IL VANGELO: II Domenica del tempo ordinario

battesimo 1612.01.2017 – di Don ANTONIO INTERGUGLIELMI – Cappellano Rai – Saxa Rubra (Roma) – Direttore delle Confraternite di Roma

Saper riconoscere.

La nostra vita, tutta la vita, è scandita da un ritmo, dai tempi e dai momenti che decidono il nostro destino, da scelte o rinunce, dal saper “riconoscere” al tempo opportuno cosa sia bene fare o non fare.  Sbagliare il tempo, come in una sinfonia, vuol dire tante volte rovinare l’armonia, rendere insipida la vita.

Non si tratta del “cogli l’attimo”, concetto che spinge a prendere per sé, a non lasciarsi sfuggire i piaceri, che nega un disegno divino e riduce quindi l’esistenza dell’uomo ad una condanna dove, poiché non esiste il Cielo, bisogna approfittare di ogni occasione, perché poi c’è solo la tomba. Tutto il contrario per il cristiano. Saper riconoscere per il cristiano indica infatti: “saper discernere” la via del bene e prenderla, senza paura.

San Giovanni Battista sa riconoscere Cristo, non lo vuole sostituire, sa che solo Lui potrà “adempiere ogni giustizia”, come dice Gesù al momento del Suo battesimo, che vuol dire: solo Lui può indicarmi la strada della Salvezza, quel cammino che può rendere la mia vita piena e realizzata.

Oggi anche per noi è importante saper riconoscere Cristo, “saper discernere” dove sta la strada giusta per seguirlo: Lui ci parla con i fatti, ma mostra questa strada a chi, come il Battista, non vuole prendere il Suo posto, a chi non lo rifiuta, a chi lo riconosce come suo Salvatore ed è disposto ad ascoltarlo.

Anche noi allora potremo dire con il Battista “Ho visto e posso testimoniare che questi è veramente il Figlio di Dio”