MESSAGGIO QUARESIMALE DEL GOVERNATORE IN OCCASIONE DELLA MESSA CONFRATERNALE

Vi chiedo scusa se farò anche io una piccola omelia ma questo è il nostro incontro quaresimale e poi ci rivedremo nella messa di Aprile atteso che l’ultima di Marzo è la Domenica delle Palme quindi vi lascio in questo periodo forte che l’anno liturgico ci offre con alcuni spunti di riflessione. Grazie per quanto fate nell’ambito della Confraternita. Però vi chiedo di non dimenticare il perché ci siete, il perché ci siamo. Ve lo dico perché purtroppo qualche volta sembra che le origini vengono dimenticate. Nel passato si esprimeva il frutto più genuino della fede: la carità verso i poveri, gli abbandonati, i sofferenti, gli emarginati… Oggi, sembra che l’unico interesse sia quello della processione di Sant’Antonio o di portare una divisa che più che servizio ai poveri significa potere da gestire. Essere fedeli alle origini significa aprire il cuore perché, ricchi delle tradizioni precedenti, possiamo scoprire, riscoprire o occupare nuovi spazi dove la fede diventa visibile attraverso la carità”. Non è solo un onore quello di essere confrati, ma è una responsabilità nei riguardi del Signore e della gente. Portare, per esempio in processione Sant’Antonio, non è un semplice atto esteriore, ma significa che noi diciamo a tutti che il Signore Cristo Gesù è per noi  importante ed è al centro della nostra vita, e diciamo con la nostra presenza che vogliamo seguire Cristo nel cammino concreto della vita. Facciamoci una domanda? ma quanti di noi la domenica sentiamo la gioia di partecipare all’Eucaristia? Probabilmente pensiamo che se ne può fare a meno, però poi ci lamentiamo o protestiamo se vecchie forme tradizionali non sono più permesse! Anche Papa Francesco cui deferenti salutiamo come il successori di quel Cristo che amiamo ha detto che ormai non vale più il “si è fatto sempre così”. Essere confrati, significa esporsi agli occhi di tutti, vivere una vita che viaggia sui binari della fede, della trasparenza, della legalità, dell’onestà, della condivisione, dell’accoglienza, insomma significa dire di no a una vita cristiana mediocre. Sapete, noi sovente diciamo dei preti che parlano bene e ruzzolano male. Dei confrati, che si distinguono per i segni che portano e che la gente conosce, potremmo dire la stessa cosa.

Dobbiamo entrare nell’ottica che noi siamo  coloro che mettono il Vangelo al primo posto, che amiamo la chiesa e la sentiamo madre e che sappiamo che dobbiamo essere testimoni e missionari di Gesù. Quando vi dico, e mi dico, che dobbiamo avere il desiderio di operare la carità nei riguardi dei poveri e dei più sfortunati, non intendo dire che noi siamo semplici società di mutuo soccorso oppure associazioni filantropiche, ma che siamo un insieme di fratelli che, sentendosi parte viva della Chiesa e volendo vivere il Vangelo, ci impegnamo a mettere in pratica il comandamento dell’amore, che spinge ad aprire il cuore agli altri, particolarmente, come dicevo, a chi si trova in difficoltà.

È questa la nostra missione, e riusciremo a portarla avanti se coltiveremo sempre un amore profondo verso il Signore e una docile ubbidienza ai nostri Pastori. A queste condizioni la nostra confraternita continuerà ad essere scuola popolare di fede vissuta e palestra di santità; sarà nella società “fermento” e “lievito” evangelico e contribuirà a suscitare quel risveglio spirituale che tutti auspichiamo. Vi chiedo soprattutto di curare la nostra formazione spirituale per essere in questa terra, offesa dalla violenza e dal menefreghismo, speranza e possibilità di un modo più umano e cristiano di vivere attraverso la Messa mensile e gli incontri mensili organizzati dal vicariato e da don Antonio. Viviamo una vera amicizia con Cristo, siamo fieri appartenenti alla sua squadra, ma facciamo in modo che Lui sia sempre fiero di noi, rafforziamo la nostra fede, curiamo la formazione spirituale, la preghiera personale e comunitaria, la liturgia. Siamo nelle comunità di Santa Dorotea cellule vive, pietre viventi.
Concludo riassumendo in poche parole quanto sino a qui vi ho detto. Oggi ci vuole un po’ più di coraggio a dirsi cristiani. Questo coraggio però non è fatto di parole o di vestiti soltanto, di segni e di simboli, ma anche di quotidianità, di vita familiare onesta, di lavoro professionale, di dedizione e solidarietà. Infine vi annuncio che il 9 e 10 marzo la nostra Parrocchia aderirà alla richiesta fatta da Papa Francesco e quindi ci saranno le ventiquattro ore per il Signore. La Confraternita dovrà avere un ruolo centrale sabato 10 garantendo la presenza continuativa davanti a Gesù Sacramentato. Ne parleremo comunque più tardi.